C'era una volta un uomo

 

 

C’era  una volta un uomo.

L’uomo era molto saggio e non c’erano domande a cui non sapeva rispondere.

Un giorno quest’uomo incontrò un bambino che gli chiese: “Cosa è più importante dare o ricevere?”

L’uomo stava quasi per rispondere che il bimbo gli disse “Alt, vorrei che tu mi rispondessi tra tre giorni.”

L’uomo fece una smorfia di sufficienza, un gesto con la mano come a dire che domanda stupida, ma poi accettò.

I due si allontanarono per rivedersi lì, allo stesso posto, fra tre giorni.

Sulle prime l’uomo neanche pensò alla domanda poi invece incominciò a dire a se stesso “che sciocchezza di domanda, è logico, è più importante dare. Io do sempre amore, mi piace darlo, mi piace, lo do con il cuore.

E ne do tanto.

Poi ad un tratto l’uomo si ricordò che non tutto l’amore che aveva dato, era stato capito, ma si ricordò anche che lui non c’era rimasto male perché quello che aveva dato lo aveva dato senza aspettarsi niente in cambio.

Così contento della sua risposta ritornò a casa.

A casa non c’era nessuno che lo attendeva e si sentì un poco triste.

Si sentiva dispiaciuto ma affogò quel sentimento facendo tante cose e per un bel po’  di tempo riuscì a non pensarci poi gli ritornò di nuovo la domanda del bambino.

“cosa è più importante? Dare o ricevere?”

Ricevere? Ricevere amore? 

Ma forse non ci aveva mai pensato!

E’ vero si poteva anche ricevere!

Ma lui aveva mai saputo ricevere?

Com’è che adesso si sentiva così solo

Dava, dava, dava, dava, eppure c’erano stati tanti nel suo cammino che come lui gli avevano offerto l’amore!

E adesso si chiedeva cosa avesse saputo accettare lui di questo amore.

Certe volte si era pure vergognato a fare capire che gli faceva piacere accettare l’amore.

Ed ora adesso si chiedeva perché gli altri dovevano accettare quello che lui dava disinteressatamente se lui stesso non sapeva ricevere

E così si ricordò!

Oh! Quante volte nella sua vita aveva detto: “Non posso accettare, non posso accettare” invece di dire: “Grazie, grazie, mi stai facendo felice, grazie. Sono contento di questo affetto che mi dai, mi fa star bene. Lo accetto, lo prendo anche se non potrò mai restituirtelo, lo accetto come dono. Grazie”

Questo lui nella sua vita non lo aveva mai fatto e allora non si sentì più saggio ma meschino.

Sentì così il desiderio di scendere da casa e di andare nel posto dove aveva incontrato il bambino e lì lo trovò.

I due non si dissero niente, si guardarono negli occhi e si abbracciarono.

E in quell’abbraccio c’era l’uguaglianza tra il dare e l’avere.

                   Daniela Lampasona